30 agosto 2010

Il minimalismo liturgico danneggia i poveri


Troppo spesso, quando ogni altro tipo di attacco da parte dei progressisti liturgici è stato esaurito, si passa alla vecchia, assurda tesi che una celebrazione riverente della liturgia sarebbe troppo trionfalistica e non si preoccuperebbe dei poveri. Questa è una tecnica copiata dal leninismo - quella di tentare di stabilire un monopolio sulla cura dei poveri. Naturalmente, qualunque vero cristiano si preoccupa dei poveri. Ma se non si cura dei poveri secondo le precise modalità che i progressisti ritengono migliori, allora si viene accusati di non essere sensibili alle sofferenze dei bisognosi.

Non pensavo che il dibattito su chi ha veramente a cuore i poveri potesse entrare nella discussione sulla sacra liturgia, ma è stato sollevato da progressisti che pensano che le Messe che vengono celebrate in modo riverente siano troppo "verticali" e quindi non sufficientemente interessate alle relazioni da uomo a uomo, e in particolare al flagello della povertà. Vi è molto spesso una falsa dicotomia tra liturgia ben celebrata e attenzione ai poveri, tanto è vero che i sacerdoti missionari che predicano a favore dei poveri sono spesso gli autori dei peggiori abusi liturgici, e come già detto, quelli che si preoccupano di celebrare una liturgia come Dio comanda sono accusati di essere freddi nei confronti dei poveri . Che cosa si può dire di questa accusa?

Penso che non solo si puo’ rispondere a questa accusa, ma addirittura ritorcerla contro chi la formula: in realtà è il minimalismo liturgico che danneggia i poveri. In una conferenza del 2004 all’Augustinianum di Roma, il Cardinale Cottier ha dichiarato che la bellezza è un importante mezzo di evangelizzazione e quindi non qualcosa di puramente estetico o "appariscente" che potrebbe essere eliminato senza conseguenze:

"Al fine di soddisfare la Nuova Evangelizzazione, abbiamo due mezzi straordinari: la bellezza e la novità. La bellezza del patrimonio cristiano, che è costantemente riscoperto attraverso tutta l'Europa, e la novità sempre efficace della Grazia dello Spirito Santo" (29 gennaio 2004).

Cottier dice che è la "bellezza del patrimonio cristiano", che sta portando a una riscoperta della fede in tutta Europa. Per comprendere l'argomento a favore dell’eccellenza liturgica, dobbiamo vedere la bellezza come un elemento essenziale della liturgia, piuttosto che qualcosa di giustapposto, di superfluo. Questo non è difficile una volta che abbiamo chiaro in testa che la liturgia è centrata su Dio. …

L'eccellenza richiesta da una liturgia ben celebrata non va a beneficio dei sacerdoti, e nemmeno nostro (se non indirettamente, nella misura in cui siamo in grado di partecipare meglio alla liturgia). Si tratta di adorare Dio, e una parte dell’adorarazione di Dio consiste nell’essere a contatto con il mistero e la trascendenza, che si avvicina al genere umano attraverso la bellezza. Così, privare la liturgia della bellezza si traduce nel privare gli uomini del mezzo più comune e universale di avvicinarsi a Dio.

Ecco un’altra grande citazione da Loïc Merian, presidente della CIEL (Centre International d'Etudes liturgiques) su come questo minimalismo in realtà danneggia i poveri:
"Quando il Papa non appare più elevato sul trono, quando i vescovi non sono più vestiti di ricchi ornamenti, quando la Messa è celebrata nella lingua del popolo, quando il canto gregoriano è consegnato al museo, hanno stabilito che la Chiesa sarà la Chiesa dei poveri. Ciò significa che i poveri sono stati privati della sola bellezza a cui essi possono liberamente accedere, che è nota per essere accessibile a loro, che è nota per essere amichevole nei loro confronti, senza perdere nulla della sua trascendenza - come è la bellezza liturgica. Quando le cerimonie della Chiesa sono umiliate, banalizzate, e non evocano più la gloria del cielo, quando quelle liturgie non ci trasportano più in un mondo più alto, quando non ci elevano al di là di noi stessi, quando, per riassumere, alla Chiesa rimane solo il pane da offrire ai poveri - ma Gesù disse che l'uomo non vive di solo pane. Chi ha detto che i poveri non hanno nulla a che vedere con la bellezza? Chi ha detto che per rispetto ai poveri non bisogna offrire loro una religione della bellezza, allo stesso modo in cui viene offerta loro la vera religione? Perchè alcuni si comportano in modo insolente verso i poveri negando loro il senso del sacro? ... Erano i poveri che gridavano allo spreco, quando Maria Maddalena versò l'olio di nardo sul capo di Gesù, rompendo anche il vaso in modo che nessun profumo si salvasse? ... Quale sarà il guadagno dei poveri da tutto questo? Oh , perderanno tutto! " (La Nef, maggio 2004)

Quando abbiamo ridotto al minimo le nostre liturgie nella speranza di renderle più accessibili ai poveri, abbiamo effettivamente rapinato i poveri dell’unico accesso gratuito alla bellezza che essi hanno a loro disposizione, e quindi abbiamo chiuso un'altra porta da cui i poveri possono entrare in contatto con il mistero divino. Le Messe liturgicamente minimaliste non fanno del bene a nessuno, né ai ricchi né ai poveri.

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27 agosto 2010

Sforzatevi di passare per la porta stretta


“SFORZATEVI DI PASSARE PER LA PORTA STRETTA, PERCHE’ MOLTI CERCHERANNO DI ENTRARE, MA NON CI RIUSCIRANNO”

Il Vangelo di oggi è una citazione che ci chiama a prendere sul serio la nostra vita spirituale. Ora, è un fatto triste che oggi molti, se non la maggior parte delle persone, non sono seri circa la loro vita spirituale. Non pregano, non leggono la Scrittura, non frequentano la Messa e non vanno a confessarsi. Si comportano come se la vita fosse un grande scherzo. Si trovano spesso imprigionati da peccati gravi di cui non sono pentiti, e non saranno pronti quando arriverà il giorno del giudizio. Questo è un dato di fatto.

Forse pensate che io sia troppo pessimista, ma direi che mi sto appoggiando a solidi fondamenti biblici. Nel Vangelo odierno il Signore mette in evidenza uno dei più comuni errori di oggi. L'errore è il credere che la maggior parte delle persone vadano in paradiso. Il Signore, piuttosto, confuta direttamente questa idea e ci chiama ad essere sobri e seri nel cercare la salvezza. Diamo un'occhiata alle letture di oggi, suddividendole in tre fasi.

1. Viene descritto il pericolo – - Gesù passava per città e villaggi, insegnando, mentre si dirigeva verso Gerusalemme. Qualcuno gli chiese: "Signore, solo poche persone si salvano?" Egli rispose loro: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno” (Luca 13: 22-23). Altrove Gesù ha sviluppato maggiormente questo punto: entrare per la porta stretta, perché è larga la porta, e facile la via che conduce alla perdizione, e quelli che entrano per essa sono molti. (Mat 7:13-15). Così, quando gli viene chiesto se quelli che saranno salvati sono molti o pochi il Signore risponde “Pochi" e prosegue spiegando che "molti" non sono in grado di entrare nel Regno dei Cieli, ma percorrono la strada larga e facile che conduce alla perdizione.

Questo naturalmente va contro a quello che la maggior parte della gente pensa oggi. Dobbiamo essere equilibrati su questo punto, e capire che molti vivono vite che mostrano poco interesse per Dio o il Regno di Dio. A un certo punto questa decisione diventa definitiva e Dio accetta il loro disinteresse come loro decisione definitiva. Attenzione! Persistere nella mondanità e l’essere assorbiti da se stessi diventa sempre più la nostra disposizione finale.

Ora, è vero che tutti dicono di voler andare in paradiso. Ma è di solito un paradiso che hanno inventato loro stessi. Ma il vero paradiso è la pienezza del Regno di Dio.
E il Regno di Dio ha dei valori che oggi molte persone non vogliono. E' un luogo dove vengono celebrati la giustizia, la misericordia, la generosità e la castità.
Ora è chiaro che oggi molti non sono interessati a perdonare coloro che hanno fatto loro del male. Non vogliono amare i propri nemici. Certamente non vogliono vivere in modo casto. Il concetto di giustizia li infastidisce, e di solito li fa sospettare che qualcuno voglia prendere i loro soldi. Anche la generosità gli dà fastidio, dato che non desiderano condividere con gli altri neanche un centesimo. Ma questo è ciò è il Regno di Dio, ed è quello che si celebra in cielo.

Inoltre, il cielo è descritto nel Libro dell'Apocalisse (4,5-8), come una liturgia in cui Dio è al centro ed è lodato. Vengono eseguiti canti, un rotolo contenente il significato di tutte le cose (Scrittura) viene letto e l’Agnello è su un altare simile a un trono. Ci sono candele, incensi, prostrazioni, si sta in piedi, insomma ci sono quelle cose che, sulla terra, si fanno a Messa. Ora, il fatto che oggi molti non vadano a Messa dimostra che tutto questo a loro non interessa. OK bene, Dio non obbliga nessuno. Nemmeno li obbliga ad accettare i valori del Regno di Dio. Ma QUESTO è ciò di cui è fatto il cielo, la pienezza del Regno.

Ora, col passare del tempo, una persona si indurisce sempre di più nella propria avversione per il Regno di Dio, per il cielo. Alla fine questa avversione diventa fissata per sempre. Così nel giorno del giudizio non sono in grado di entrare in cielo, e francamente non sarebbero comunque felici. Così qui è il pericolo: percorrere la strada larga e mondana che indurisce il cuore nei confronti di Dio e delle cose di Dio, così che uno perde la capacità di tollerare il paradiso. L'inferno non è colpa di Dio, è la preferenza di dannati che hanno indurito i loro cuori verso Dio e verso la realtà del vero cielo (non di quello della fantasia.

2. Il desiderio divino. Ora, Dio non vuole l'inferno per nessuno. Egli non si rallegra della decisione dei dannati, ma la rispetta. Dio è chiaro che vuole salvare tutti: “Com'è vero che io vivo, dice il Signore io non godo della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa! Perché volete perire, o casa d'Israele?” (Ez 33:11-12). Così, nella prima lettura di oggi ci viene descritto come Dio allarga l'appello di salvezza al mondo intero:

“Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria … che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore … Anche tra loro mi prenderò sacerdoti leviti, dice il Signore.” (Is 66,18 -21)

Sì, il Signore vuole portare la gente di ogni nazione e razza nel suo regno. Il Signore vuole salvare tutti noi. Quindi il problema dell'inferno ricade non su Dio e ciò che Egli vuole, ma su di noi e su ciò che noi vogliamo. Dio alla fine rispetterà la nostra scelta finale. Ho ulteriormente approfondito questo argomento qui: http://blog.adw.org/2010/07/hell-has-to-be/

3. La disciplina che libera. Questo poi conduce ad un modo in cui possiamo essere prudenti e seri nel cercare la salvezza. Viene descritto nella seconda lettura di oggi: “Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d'animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio. È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? … Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati.” (Eb 12:5-7, 11).

Abbiamo un chiaro invito del Signore a sottomettere la nostra vita alla sua disciplina e alla sua formazione. Notate come sono strettamente connessi la disciplina e il discepolato. Il Signore ha una disciplina per noi che ci rende veri discepoli.
La nostra disciplina comprende la preghiera quotidiana, la lettura della Scrittura ogni giorno, ogni giorno il pentimento, la confessione frequente, la Messa ogni Domenica. Dobbiamo crescere nella formazione del Signore, che nasce dallo studio della nostra fede e dalla ricezione dei Sacramenti. Facendo questo, cresce in noi il desiderio per le cose di Dio e del cielo. Veniamo a condividere i valori del Regno e diventiamo meno mondani. Sempre più si comincia ad amare chi e che cosa Dio ama, si comincia ad avere le sue stesse priorità, veniamo trasformati dal rinnovamento delle nostre menti. Questo è ciò che la disciplina di Dio, ciò che il suo insegnamento, la sua grazia e la sua misericordia fanno per noi.

Così, in ultima analisi, Dio non è il nostro nemico, egli è il nostro Salvatore e l'unico che ci può preparare per il giorno del giudizio. Ma dobbiamo essere equilibrati e seri nel cercare la salvezza. Tutta la superficialità, la presunzione e mondanità devono finire.

Mons. Charles Pope
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19 agosto 2010

Madre Teresa non aveva niente di speciale


Un paio di anni fa, il fisico Alan Sokal ha pubblicato un articolo nella rivista “Social Text”, sostenendo, nel gergo più astruso e postmoderno, che la forza di gravità, tra le altre cose, è un costrutto sociale. Si trattava, naturalmente, di uno scherzo, e quando Sokol ha pubblicamente rivelato la bufala, la cosa ha suscitato molto scalpore ed imbarazzo al comitato di redazione e ai suoi colleghi accademici, i quali già da tempo hanno perduto la capacità di discernere la differenza tra un discorso razionale e le loro parole, alla moda ma senza senso. Il mondo accademico non era per nulla divertito.

A prima vista, si potrebbe pensare che Susan Kwilecki, del dipartimento di Studi religiosi, e Loretta S. Wilson della facoltà di economia alla Radford University in Virginia, abbiano organizzato uno scherzo alla Sokal. Il loro articolo apparso nel Journal for the Scientific Study of Religion, nientemeno che l’articolo di fondo, è intitolato “Madre Teresa voleva massimizzare la sua
utilità? Un'applicazione idiografica della teoria della scelta razionale "

Purtroppo, sembra proprio che gli autori facciano sul serio, e anzi con una certa solennità.
Si tratta di un articolo lungo e noioso, e non voglio annoiarvi con i dettagli. Esso si basa sui lavori di Laurence Iannaccone, che già da qualche tempo sostiene la teoria della religione basata sulla “scelta razionale".

L’idea di fondo è quella del rapportarsi a Dio come ad una merce sul mercato, e di interpretare i comportamenti delle persone religiose come “consumatori” che effettuano un calcolo razionale del loro “investimento” in un "prodotto" come potrebbe essere la “salvezza”, fornito da "imprenditori" che creano delle “aziende” religiose.
Questa teoria è l’ennesimo tentativo di trasformare lo studio della religione in una “scienza”, sulla base della moderna concezione riduzionista di Dio. Dato che non esiste un premio Nobel per la religione, a quanto pare alcuni studiosi della religione stanno cercando di competere nel campo dell'economia.

Alcune perle (ndt):

Una lettura di Madre Teresa nell’ottica della “scelta razionale” ci aiuta a capire che il suo tanto sbandierato amore per i poveri aveva un altro scopo: "Aiutando i poveri acquistava un contatto diretto con Cristo. . . . . . . la vicinanza a Dio, non l'alleviamento del dolore umano in sé, è stato il prodotto religioso da lei prescelto. Così da una prospettiva di “scelta razionale”, gli aspetti essenziali della missione di Madre Teresa verso i poveri riflettevano la sua preferenza per un prodotto religioso particolarmente costoso - la vicinanza a Dio, o la santità.
"Per Madre Teresa, il culto, la vita sacramentale, e il perseguimento della santità hanno la priorità anche rispetto all’aiutare le persone bisognose.
La lettura razionale della scelta della santità di Madre Teresa spiega questa altrimenti sconcertante mancanza di compassione per gli ammalati come una massimizzazione calcolata dell'utilità. "

Considerando Madre Teresa " come il proprietario di un’azienda religiosa di successo,” "è evidente che l’ordine delle Missionarie della Carità "produce un mix di prodotti di carità legati a consapevolezza spirituale e salvezza cristiana. "Il mix di prodotto", aiuta a spiegare il suo "successo imprenditoriale." "Da un lato, Madre Teresa ha venduto i tradizionali prodotti cattolici - i sacramenti, la condanna dell’aborto e il rispetto per l'autorità della Chiesa. D'altra parte, con la carità come suo prodotto principale, l'azienda commercializzava contemporaneamente sul mercato una linea collaterale di valori umanitari non settari: l'obbligo di aiutare gli altri, il riconoscimento della sacralità di ogni vita, il che affascina i “consumatori” liberali, non cattolici.

Mentre le affermazioni di Madre Teresa "circa la propria totale abnegazione a Dio sono difficili da comprendere all'interno del quadro della “scelta razionale”, un esame più attento conduce alla conclusione che lei era un imprenditore che calcolava attentamente costi e benefici, e alla ricerca del profitto”
Il suo dire di affidarsi interamente a Dio e il suo rifiuto di accettare quei finanziamenti che comportassero un compromesso, una parziale rinuncia alla visione cristiana, anche se irrazionali
dal punto di vista materialistico, dal punto di vista della carismatica, che risponde direttamente a Dio, che in ultima analisi è il direttore dell’azienda, evidenziano che si tratta di una “predisposizione di strumenti per lo scopo finale." Gli autori concedono che la teoria della scelta razionale non è plausibile per spiegare un fenomeno come Madre Teresa in "tutta la sua pienezza", ma concludono che, "mentre non è sufficiente di per sé, e certamente non è la sola interpretazione possibile dei dati, la teoria della scelta razionale costituisce una preziosa aggiunta all'arsenale di approcci analitici alla religione.”

Forse l'arsenale potrà servire in un articolo di prossima pubblicazione “Gesù massimizzava l’utilità sulla croce?”. Non è una semplice fantasia, perché questo è proprio il tipo di domande a lungo dibattute dagli studiosi della scelta religiosa razionale come Iannaccone, Lawrence, Young, Mark Chaves, e altri. Quando ero pastore in una parrocchia nera a Brooklyn, molti anni fa, il dodicenne Michael domandò mentre si faceva catechismo: "Se Gesù stava facendo quello che veramente voleva fare, perché dici che è stato un sacrificio?” E 'stata una buona domanda, fatta con stupore onesto, e che apre la porta a riflessioni di grande interesse spirituale e intellettuale.

Applicata alla religione, la teoria della scelta razionale non fa nemmeno un piccolo passo intellettuale in avanti rispetto alla domanda del giovane Michael. E, naturalmente, nel pretendere di "spiegare" scientificamente il fenomeno della santità, chiude le porte. Lungi dall'essere una teoria evoluta, è tanto volgare quanto certi pastori-affaristi cristiani che pubblicizzano Gesù come “il più grande uomo d’affari della storia”. O come le astruse fantasticherie di quella controparte alla teoria della scelta razionale, che pretende di spiegare la religione in termini di dipendenza, di proiezione di desideri, e come altri strumenti nell’arsenale analitico, così intellettualmente e spiritualmente deviato, degli studi accademici religiosi.

Ringraziamenti a First things – On the square – pubblicato il 4 settembre 2009 – autore Richard J. Neuhaus

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6 agosto 2010

"Nella Chiesa i cattivi sono molti, e i buoni sono pochi"


Vangelo secondo Matteo: 22,11-14: "Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti".

Non vi dovete spaventare se nella Chiesa i cattivi sono molti e i buoni sono pochi. [ Terrere vos non debet quod in Ecclesia et multi mali et pauci sunt boni]. Infatti l'arca di Noè, che in mezzo al diluvio era un simbolo di questa Chiesa, era larga sotto e stretta sopra, e in cima misurava solo un cubito (Genesi VI, 16). E dobbiamo credere che in basso c’erano i quadrupedi e i serpenti, e più in alto gli uccelli e gli uomini. Era larga dove c’erano le bestie, e stretta dove vivevano gli uomini: perchè nella Santa Chiesa è davvero ampio il numero di coloro che hanno una mentalità carnale, e piccolo il numero di coloro che sono spirituali. Per cui essa deve sopportare il comportamento degli uomini cattivi e depravati che porta in seno. Ma dove essa ha la cura di coloro la cui vita è fondata sulle cose spirituali, essi vengono condotti alle vette più elevate, ma dal momento che sono pochi, questa parte è piccola. Ampia è infatti la porta e larga è la via che conduce alla perdizione, e molti sono coloro che la prendono. Quanto stretta è la porta che conduce alla vita, e sono pochi coloro che la trovano!

L’arca è stretta al vertice, in modo che essa non ha la larghezza che di un cubito: perché, tra coloro che sono nella Chiesa, più sono santi meno ce ne sono. Si raggiunge la sua più alta perfezione in Colui che solo tra gli uomini è nato Santo, e non c'è nessuno che possa confrontarsi con lui: Colui che, nelle parole del Salmista, è diventato come un passero tutto solo sul tetto (Salmo CI, 8). E così tanto più abbondano gli empi, tanto più dobbiamo soffrire con pazienza, perché su l'aia è poco il grano portato nei granai, ma sono alti i mucchi di paglia che vengono bruciati con il fuoco. ...

Allora il re disse ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". Allora, attraverso questa terribile frase, saranno legati le mani e i piedi di coloro che ora non sanno trattenerli dalle cattive azioni mediante una conversione di vita. Perché allora il castigo legherà coloro ai quali ora il peccato impedisce di fare il bene. Perché i piedi che in questa vita non sono andati a visitare gli ammalati, le mani che non hanno dato niente a chi è nel bisogno, ora per propria colpa non saranno più liberi di fare ciò che è buono. Coloro quindi che ora di loro spontanea volontà si sono legati al peccato, saranno contro la loro volontà legati al tormento.

Giustamente si è detto che saranno gettati fuori nelle tenebre. Perchè noi chiamiamo la cecità del cuore, il buio interiore; e chiamiamo tenebre esteriori, cioè al di fuori, la notte eterna della dannazione. Ognuno, dunque, che è dannato, è gettato, non all’interno, ma nel buio esterno: perchè lì contro la sua volontà sarà gettato via nella notte della dannazione, colui che qui di sua spontanea volontà è caduto nella cecità del cuore; dove, ci viene detto, vi è anche pianto e stridore di denti: in modo che là strideranno i denti di colui che qui si dilettava nei peccati di gola, là piangeranno gli occhi di colui che qui girava qua e là con lo sguardo rincorrendo i desideri lascivi. Perchè ogni singolo organo del corpo deve subire la punizione per i peccati per cui è stato utilizzato in questa vita.

E dopo averci spiegate queste cose, in cui si manifesta la sorte di tutti i malvagi, viene aggiunta subito una frase più generale, che dice: "Perchè molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti».

Carissimi fratelli, dovremmo temere con una grande paura le parole che abbiamo appena ascoltato. Tutti noi qui presenti, già chiamati mediante la fede, siamo venuti al matrimonio del Re del Cielo. Noi crediamo e confessiamo il mistero della sua incarnazione, e partecipiamo al banchetto del Verbo Divino. Ma in un giorno a venire il re del giudizio farà ingresso in mezzo a noi.

Che siamo chiamati, lo sappiamo; che siamo scelti, non lo sappiamo. E così tanto più ognuno di noi non sa se lui è stato scelto, tanto più abbiamo bisogno di umiliarci in umiltà. Ci sono, si sa, quelli che non iniziano nemmeno a fare il bene, e alcuni che non rimangono costanti nelle opere buone che hanno cominciato. Un altro è visto passare quasi tutta la sua vita nell’iniquità, ma vicino alla fine si distoglie dalla malvagità tra lacrime di pentimento sincero. Un altro sembra condurre la vita di uno degli eletti, e tuttavia accade che, alla fine della sua vita aderisce alla malvagità dell’eresia. Un altro comincia bene e finisce ancora meglio, mentre un altro, fin dai primi anni, si dà a ogni male, e diventa sempre peggio distruggendo se stesso in mezzo a questi stessi mali. Pertanto, nella misura in cui ciascuno non sa cosa deve ancora venire, in tale misura deve vivere nel timore e nella preoccupazione per se stesso davanti a Dio: perché, e non stanchiamoci di ripeterlo, e non dobbiamo mai dimenticarlo: molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti.

San Gregorio Magno, papa
Omelia 38 (tenuta al popolo nella basilica di San Clemente Martire)

5 agosto 2010

Utilitarismo


Un altro dei trucchi usati dal diavolo nel nostro mondo contemporaneo è l’utilitarismo, cioè credere che se una certa cosa funziona, allora è una cosa giusta.
Naturalmente non c'è niente di sbagliato nel desiderare che le cose funzionino, non per niente l'efficienza e la praticità sono delle virtù. Il problema (come in tutte le eresie), è quando queste virtù vengono elevate al di sopra di tutte le altre.

L'utilitarismo si presenta in tante forme diverse. Si sostiene che le donne dovrebbero poter diventare sacerdoti perché sarebbero capaci di farlo bene. Si sostiene che non importa se una persona è divorziata e risposata o coinvolta in qualche tipo di relazione immorale. Ciò che una persona fa nella propria camera da letto (l'utilitarista sostiene) non pregiudica quello che fa nella sua vita sociale. Come una persona si comporta nella sua privacy non dovrebbe avere alcuna incidenza su come si comporta nel luogo di lavoro. Quando l'utilitarismo è esaltato al di sopra tutte le altre virtù tutte le altre virtù spariscono.

L'effetto finale è che sia le decisioni personali, sia quelle politiche pubbliche, sono decise su 'ciò che funziona'. Di conseguenza, possono verificarsi le cose più terribili ma l'utilitarista si tappa le orecchie per non sentire le urla, distoglie il suo sguardo dall'orrore e dice: "Sì, ma funziona”. Auschwitz e l'aborto sono stati attuati, perché sembravano fornire una soluzione efficace ad un problema percepito. L’eutanasia è la quintessenza delle soluzioni utilitarie.

Non solo grandissimi orrori, ma anche enormi tirannie conseguono dall’utilitarismo. Se uno si oppone alle soluzioni utilitarie per motivi religiosi o morali o personali, bisogna eliminarlo in qualsiasi modo possibile. Questo non perché l'utilitario è crudele, ma perché è efficiente. Liberarsi della opposizione “funziona” e basta.

Infine, forse il più grande male dell'utilitarismo non è che l'utilitarista impone soluzioni che funzionano, ma che impone soluzioni che secondo lui dovrebbero funzionare. Vengono imposte alle altre persone delle soluzioni che sono state concepite a livello ideologico, religioso, politico o sociale. Quando la soluzione non funziona l'utilitarista non si ferma mai a mettere in discussione la sua ideologia, ma anzi aumenta ulteriormente il dosaggio della stessa soluzione che egli crede veramente dovrebbe funzionare. L’educazione sessuale universale per gli adolescenti è secondo lui una soluzione utilitaristica per il problema delle gravidanze minorili. Dato che non ha funzionato, allora ha reso obbligatorio di farne ancora di più.

Così l'ironia finale è che l'utilitario, che voleva solo fare ciò che funziona, finisce col fare solo ciò che non funziona, e lo fa più e più e più volte.

Quando si vedono questi risultati, è facile capire che non è solo un trucco del diavolo, è anche un segno di pazzia.

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4 agosto 2010

L'esaltazione della Croce e la messa in latino

Il 14 settembre è la festa dell'esaltazione della Santa Croce, che è una festa distinta da quella del ritrovamento della vera Croce da parte di S. Elena. Questa festa celebra la vittoria dei Romani d'Oriente contro i Persiani nel 7 ° secolo, e il recupero e il ritorno della croce a Gerusalemme. I Messali più tradizionali contengono una descrizione dell'evento: Eraclio, l'imperatore romano a Costantinopoli, non riusciva ad entrare in città con la croce a causa di qualche forza spirituale che glielo impediva. Quando ha chiesto ad un sacerdote, gli fu detto che era perché era vestito in abito regale. Per entrare, ha dovuto vestire di stracci, in modo da non portare la croce in Gerusalemme in un modo più onorevole di nostro Signore, che la portava vestito di stracci. Dopo di che egli fu in grado di portare la croce dentro la città.


Questa storia presenta ulteriori dettagli, e merita di essere raccontata. Nell'anno 570, l'imperatore romano a Costantinopoli, Maurizio, sosteneva Khusru o Khusroes II (a volte scritto Cosroe nei libri di storia occidentali) come pretendente al trono di Persia, e i romani diedero quindi aiuto alla causa di Cosroe. (Quando parliamo di “romani” ci riferiamo qui a quello che gli studiosi chiamano "l'impero bizantino", ma io uso “romano” in generale da quando è stato accertato che questo era proprio il termine con cui i bizantini denominavano se stessi, come pure il modo in cui i loro nemici li chiamavano). Cosroe dimostrò la sua gratitudine mettendo termine alle secolari guerre con Costantinopoli, e cedendo a questa la metà orientale dell'Impero di Armenia, che era stata a lungo contestata. Dopo centinaia di anni ci fu la pace tra Roma e Persia.

Poi è successo qualcosa. Nell'anno 602, l'imperatore Maurizio è stato rovesciato, e sostituito da Foca, un centurione che era stato scelto dalle truppe presenti. Era poco più di un mostro, che ha ucciso tutta la famiglia di Maurizio tranne alcuni, era uno stupratore e un leader completamente inetto. Era completamente inefficace contro le incursioni di Avari, Slavi e popoli vari delle steppe, ha svuotato la tesoreria dello stato e portò l'Impero d'Oriente vicino alla distruzione. Non riuscì a ristabilire l'ordine quando gli agitatori monofisiti insorsero in tutta la Siria e l'Egitto e uccisero i vescovi ortodossi, sostituendoli con eretici.

Teodosio, un membro superstite della famiglia di Maurizio, fuggì in Persia da un amico e alleato di Maurizio, per l’appunto Cosroe. Da lì derivò una incredibile sequenza di eventi: Cosroe marciò sull’impero d'Oriente in qualità di “campione” di Teodosio, un po’ come Maurizio aveva fatto per lui. Prese anche il controllo di un buon pezzo di territorio, per poco non distruggendo l'impero romano, e ristabilendo l’antica Persia; dopotutto Foca era un assassino e un tiranno barbaro, il che attribuiva a Cosroe qualche diritto morale.

Anche se inizialmente lenti, sotto Cosroe i Persiani invasero il Levante e conquistarono tutte le città da Antiochia ad Alessandria, tra cui anche Gerusalemme nel 608. Presero la vera Croce dalla basilica del Santo Sepolcro, e la portarono con sé in Persia, preparandosi a marciare su Costantinopoli. Sembrava che l'Impero d'Oriente stesse per essere distrutto. Tuttavia, vi era l'Africa, dove Agostino visse e predicò e che Belisario, l’abile generale di Giustiniano, aveva recuperato un secolo prima. Il generale africano era Eraclio: era un uomo pio, pienamente ortodosso, e nel 610 partì per Costantinopoli con un esercito, e un'icona della Madonna sull’albero maestro della sua nave ammiraglia. Il colpo fu quasi immediato, tutti volevano la morte di Foca, e venne ucciso dalla folla.

Eraclio fu incoronato nella chiesa di Santo Stefano e poteva ora intraprendere il compito di salvare l'Impero. Foca aveva dissipato la tesoreria, e speso tutto l'oro pur di impedire ad Eraclio di ottenerlo. Per combattere i Persiani, che ora marciavano su Costantinopoli, dopo tre anni di ininterrotta vittoria, Eraclio aveva bisogno di un esercito. La perdita di Gerusalemme aveva ispirato una riunione temporanea con i Monofisiti, e aveva ispirato Sergio, patriarca di Costantinopoli ad offrire tutto l'oro disponibile in quel momento nelle Chiese per l'allestimento, l'alimentazione e il trasporto dell’esercito di Eraclio. Per due anni l'imperatore si occupò di reclutare questo esercito. Poi, nel 622, pregò nella basilica di Santa Sofia il Lunedì di Pasqua poi si imbarcò con le sue truppe e con l'immagine di Gesù Cristo come vessillo dell'esercito verso l’Asia Minore, dove ottenne vittoria dopo vittoria e ricacciò i persiani. Si diresse verso la Persia, preparandosi a devastarla. Strinse alleanza con un popolo mongolo, i Cazari, e con le loro truppe e il suo proprio esercito (più altri rinforzi di truppe che avevano rotto l'assedio persiano di Costantinopoli verificatosi mentre lui era assente), irruppe in Mesopotamia con una forza enorme, e sbaragliò Cosroe presso le rovine di Ninive. Cosroe fuggì e fu ucciso in una rivolta, mentre si nascondeva in montagna. Fu fatta la pace con la Persia, e la Vera Croce fu restituita a Gerusalemme. Fu lo stesso Eraclio a portarla a Gerusalemme. Questo è l'evento storico, che è commemorato nella liturgia di oggi.

Tuttavia, c'è un altro aspetto importante di questa storia. Eraclio era tornato a Costantinopoli, e il patriarca Sergio, cedendo alle pressioni di chi pensava che le ricchezze della Chiesa non avrebbero dovuto essere utilizate per fini mondani (non importa quanto necessari), esigeva il rimborso di tutte le ricchezze che erano state elargite dalla Chiesa. Nessuno all’epoca poteva prevedere il ciclone musulmano che stava per abbattersi, proveniente dall'Arabia, sembrava che nessun nemico fosse rimasto per i Romani, dato che la Persia era stata completamente abbattuta e ridotta a una nazione tributaria di Costantinopoli. Così sembrò saggio ridurre l'apparato militare allo stesso livello di debolezza che aveva prima dell’assalto persiano. Questo perché non era stato correttamente individuato il maggior bene comune della società, che in realtà è un obiettivo al quale la società dovrebbe sempre tendere.

Vediamo ora il significato di questi eventi alla luce di questa festa. Oggi non si ricorda soltanto l'esaltazione della Santa Croce in Gerusalemme, si commemora anche la data, 14 settembre 2007, in cui il Motu Proprio, Summorum Pontificum, del Santo Padre, è entrato giuridicamente in vigore; esso ha stabilito come legge della Chiesa che ogni sacerdote nel mondo ha il diritto di dire la Messa tradizionale, a prescindere dalla opposizione di Vescovi e di altri sacerdoti. La giornata dovrebbe essere una di grande gioia tra i cattolici tradizionali, ma deve anche essere un momento di pausa, di riflessione, per la creazione di un obiettivo comune.

Per molti anni, con l'insorgere del modernismo dopo il Concilio, e l'apparente assenza di chiarimenti sulla legge che il Magistero avrebbe dovuto dare ai fedeli, non solo per prudenza, ma anche per carità, il primo obiettivo del movimento tradizionale è stato il ripristino della Messa tradizionale in latino nella vita della Chiesa. Molto è stato scritto sull'efficacia di tale Messa, sul suo valore come espressione della fede tramandata nella tradizione superiore a quello del "rito riformato, e sul diritto dei cattolici di continuare a fare come facevano prima del Concilio e del postconcilio. Il fine comune di tutti i cattolici tradizionali è stato il ripristino di questa Messa. Questo ora è successo.

Come Eraclio aveva rimesso la vera Croce nella Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme, così anche il Papa ha messo di nuovo nel santuario della Chiesa (giuridicamente parlando) il Rito romano tramandato dalla Chiesa di Roma attraverso i secoli innumerevoli. Ma una volta raggiunto questo obiettivo, il movimento tradizionale non è riuscito, a quanto pare a me, a valutare adeguatamente questo evento e a fare una corretta pianificazione del futuro, così come Eraclio e Sergio avevano mal pianificato le esigenze dello Stato nel suo futuro, il che ha portato alla sua sconfitta in Siria ad opera dei musulmani.

Così ora è tempo di riprendere in esame lo scopo del movimento tradizionale, perché era stato troppo focalizzato sulla Messa, che era ovviamente il primo passo, ma se l'unico motivo per cui uno si definisce un cattolico tradizionale, è per la Messa tradizionale, alla fine non si riesce a cogliere la visione completa della vita tradizionale cattolica.

Per cominciare, anche se il Papa ha finalmente detto che sì, i tradizionalisti hanno avuto ragione in tutti questi anni, e che i neo-conservatori e i liberali sono stati apologeti sbagliati, ciò ha incoraggiato purtroppo alcuni tradizionalisti nel loro senso di superiorità personale. Che la celebrazione della Messa tradizionale, da un punto di vista estrinseco, sia superiore alla nuova, non rende il partecipante più santo o migliore del partecipante alla Messa nuova. Anche se la grazia è presente, ciò non significa che venga automaticamente alimentata la santità del fedele, eppure c'è la sfortunata tendenza dei tradizionalisti a pensare che sia così, oppure a pensare che se vanno alla Messa tradizionale e mandano i figli a una buona scuola cattolica, questo copra tutti i loro obblighi.

Ora qui è importante fare delle distinzioni, qui si parla non di quello che è il tradizionalista arrabbiato, dato che molte delle peggiori qualità dei tradizionalisti arrabbiati si possono trovare anche in molti che vanno al Novus Ordo (NDT alla messa in italiano). Che esistano molti arrabbiati è certo, ma non dobbiamo preoccuparci di loro qui. Quello di cui dovremmo essere preoccupati riguardo alla maggior parte dei tradizionalisti è che non avanzano nella vita spirituale, perché diventano autocompiacenti riguardo al modo in cui stanno le cose. Okay, abbiamo la messa, abbiamo una vita tradizionale cattolica parrocchiale, ora siamo a posto (NDT: negli Stati Uniti la Messa tradizionale in latino è molto più diffusa che da noi). Proprio come Eraclio e Sergio, che hanno detto: non abbiamo più nemici, siamo a posto, torniamo a fare le cose male come le facevamo prima dato che ormai non ci sono più problemi.

Per andare avanti nella vita spirituale, (che veramente è un combattimento), dobbiamo renderci conto che l'accesso ai sacramenti, e il tenersi alla larga dal peccato, sono solo l'inizio di dove dovremmo essere. Queste cose non significano che automaticamente siamo a posto, che siamo diventati dei santi.

I Cattolici tradizionali, almeno quelli che non sono già completamente soddisfatti ed hanno appeso le loro armature, combattono battaglie che sono già più o meno finite. Ci sono persone, e sono numerose, che hanno letto tutti i libri sulla situazione della Chiesa, che leggono in internet come sono messe male le cose, che agiscono come se il mondo stesse finendo, ma non spendono 5 minuti di preghiera al di fuori della Messa e ( si spera) del rosario. La preghiera, sia sotto forma di meditazione, o delle varie indulgenze che ci ha dato la Chiesa, è il primo passo per tenere in ordine le nostre facoltà intellettive ed appetitive.

Mentre non è una brutta cosa avere qualche nozione di ciò che sta accadendo nella Chiesa, alcune persone ci perdono troppo tempo, in modo che sia sempre nelle loro menti, invece che passare più tempo a lavorare sulle loro imperfezioni o avanzare nella vita spirituale. Bisognerebbe chiedersi, sto lavorando sul mio vizio di parlare troppo? Sull’immodestia (in senso scolastico), cioè sul non mantenere il giusto decoro ? Sono troppo preoccupato per i peccati del mio vicino di casa o di correggere il mio prossimo quando non è necessario? Sto lavorando sui difetti del mio matrimonio, sul non fare le cose che mandano in bestia il mio sposo, assumendo correttamente i pesi del matrimonio, usando la mia autorità in modo giusto (uomini)? Sto alla larga dai comportamenti che facilitano in qualche modo la violazione del 6 ° e 9 ° comandamento per non ricadere in tali peccati? Quando pecchiamo, ci sono degli effetti che conseguono naturalmente, non soltanto come una punizione, ma come un fatto perché quando noi pecchiamo svalutiamo la gloria di Dio. Inoltre, quando abbiamo dei difetti, ma non lavoriamo su di essi per eliminarli, anche in questo svalutiamo la gloria di Dio. In un libro sul purgatorio, un Santo racconta di aver visto un'anima del purgatorio, e gli chiede tra l’altro se non preferirebbe essere in paradiso. L'anima risponde che avrebbe preferito rimanere in Purgatorio per l'eternità, piuttosto che essere al cospetto di Dio con una sola macchia. Perché? E 'perché non può sopportarlo. Nessuno di noi potrebbe farlo. San Paolo dice che dobbiamo correre per vincere il premio. Non per arrivare secondi. Il premio è la visione beatifica, eppure molti di noi non vivono come se volessero davvero arrivarci.

Purtroppo anche io mi sono trovato in questo stato di cose diversi anni fa. Questo è il motivo per cui si troverà che l’anno in cui ho postato di più è stato nel 2006, e poco a poco ho diminuito, adesso scrivo poco più di un post a settimana se sono fortunato. Perché? Sono stanco di perdere tempo navigando in internet, o discutere con persone ostinate, quando dovrei essere un atleta per Cristo, correndo per vincere il premio.

I tradizionalisti spesso trovano fastidioso questo linguaggio. Certo, si può sbagliare anche in questo, e non bisogna rifiutare un po’ di umorismo legittimo o un po’ di sana ricreazione, ma qui sto parlando del disagio che proviamo quando siamo a contatto con persone che pregano e dedicano la loro vita a Gesù Cristo. Molti di noi, se guardiamo seriamente a noi stessi, saranno giunti alla conclusione che non stiamo facendo abbastanza, sia in opere spirituali, in meditazione ecc., o anche solo nell’intraprendere la vita spirituale.

Così, direi, il movimento tradizionale è davvero a un bivio. Abbiamo ottenuto il nostro obiettivo, anche se non è universalmente realizzato, cioè di aver ripristinato legalmente la Messa tradizionale nella vita della Chiesa. E adesso? L'accento non dovrebbe essere sui problemi della Chiesa, ma sulla vita spirituale, a smettere di sminuire la gloria di Dio attraverso peccati oltraggiosi e imperfezioni, ma anzi a contribuire alla Sua gloria mostrando la Sua grazia nella nostra vita. Ci sono persone che pensano che servono più discussioni e più dibattiti su altri argomenti; un po’ è anche vero, ma alcune persone vivono come se fosse ancora il 1970 e come se la Messa tradizionale fosse quasi completamente sparita. C'è un antico detto: ognuno ha i leader che si merita. San Giovanni Eudes ha insegnato che la presenza di un cattivo clero è segno per il popolo che Dio è scontento di loro. I sacramenti non sono sufficienti. Dobbiamo utilizzare la grazia che scaturisce dai sacramenti per attualizzarla nella nostra volontà e nelle nostre facoltà e per essere santi. Se il movimento tradizionale fosse noto per la sua santità (anzichè per la sua minoranza fatta di contestatori e rompicoglioni, o per la sua maggioranza fatta di anime che si autocompiacciono), la grazia, insieme all'aumento della gloria di Dio, ci donerebbe anche dei buoni leader. Potremmo anche metterla in un altro modo: hai un problema con il vescovo? E 'più probabile che il problema tu ce l’abbia con te stesso.

Così ora che abbiamo avuto questa vittoria immensa, inconcepibile 40 anni fa, abbiamo l'obbligo di utilizzare il bottino (cioè le grazie) prudentemente per il loro giusto scopo, la salvezza delle nostre anime, in modo che quando verranno gli assalti del mondo, siamo pronti a combattere e non soccombiamo ad essi, come fece l'esercito impreparato di Eraclio quando fu sconfitto dagli arabi, perché il bottino della vittoria era stata male utilizzato. E' solo in questa vita che possiamo migliorare il nostro posto nel cielo, e dobbiamo farlo mentre si può. Il che dovrebbe essere l'obiettivo attuale del movimento tradizionale, vale a dire, dovrebbe fare proprio l’obiettivo, dopo aver recuperato un mezzo più efficace, cioè la Messa tradizionale, di fare ciò i cattolici hanno sempre cercato di fare, di allontanarsi dal mondo delle cose create e avvicinarsi alla croce di Gesù Cristo. Come San Bonaventura insegna: "Nessuno può servire Dio perfettamente se non cerca energicamente di rompere i legami del mondo e superare tutte le cure terrene." Ora che abbiamo di nuovo la Messa tradizionale, anche se non è universalmente diffusa, il passo successivo dovrebbe essere quello di ristabilire la vita cattolica tradizionale basata sui sacramenti tradizionali, sulla direzione spirituale, e sulla completa dedizione di sé a Dio. Non c'è modo migliore per eliminare il clero ribelle e l'eresia nella Chiesa.

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3 agosto 2010

Intervista a René Girard


"Il cristianesimo sarà vittorioso, ma solo nella sconfitta"

René Girard, noto studioso francese, ha recentemente pubblicato un nuovo libro, Achever Clausewitz (completare Clausewitz).
Qui la giornalista Cynthia Haven, di First Things, intervista Rene’Girard sul suo libro.

CH: Proprio quando la gente ormai pensa di sapere di che cosa si occupa Girard, tu ci sorprendi. Il tuo lavoro si è ampliato verso direzioni nuove e rivelatrici in diversi momenti nella tua lunga carriera. Ora sembri aver cambiato di nuovo con il tuo ultimo libro su Carl von Clausewitz.

RG: Achever Clausewitz è un libro sulla guerra moderna. Clausewitz è uno scrittore che ha scritto solo della guerra, lui era innamorato della guerra. Odiava Napoleone, il nemico del suo paese, la Prussia, ma lo ha anche amato, perché l'imperatore aveva restituito alla guerra la sua natura gloriosa dopo il XVIII secolo, che aveva indebolito la guerra dando luogo a conflitti che avevano reso le manovre diplomatiche e le trattative più importanti del combattimento reale. Questo è il motivo per cui l’odio di Clausewitz per Napoleone era stranamente unito ad una appassionata ammirazione per l'uomo che aveva ridato alla guerra il suo antico splendore.

CH: La natura di amore-odio della "rivalità mimetica" è evidente qui, ma non vi è niente altro che ti ha attratto su questo tema insolito?

RG: Ho trovato un’altra interessante corrispondenza con il mio lavoro. Dato che Clausewitz parla solo della guerra, egli descrive i rapporti umani in un modo che mi interessa profondamente. Quando descriviamo le relazioni umane, di solito le abbelliamo rispetto a come sono in realtà: dolci, tranquille, e così via, mentre in realtà esse sono spesso competitive. La guerra è la forma più estrema di concorrenza. Questo è il motivo per cui Clausewitz dice che l'attività commerciale (il business) e la guerra sono molto affini.

CH: Lei ha sottolineato che tutta la nostra società contemporanea sta raggiungendo un punto di "crisi mimetica." Che cosa, esattamente, causa una crisi mimetica?

RG: La crisi mimetica è quando la gente diventa indifferenziata. Non ci sono più classi sociali, non ci sono più differenze sociali, e così via. Quello che io chiamo una crisi mimetica è una situazione di conflitto così intenso che su entrambi i lati le persone agiscono allo stesso modo e parlano allo stesso modo anche se, o proprio perché, sono sempre più ostili tra loro. Credo che nel conflitto intenso, lungi dal diventare più nitide, le differenze si dissolvano.

Quando le differenze sono soppresse, i conflitti diventano razionalmente insolubili. Se e quando sono risolti, sono risolti da qualcosa che non ha nulla a che fare con argomenti razionali: da un processo che la gente non capisce e anche che non percepisce. Essi sono risolti da ciò che noi chiamiamo un processo di capro espiatorio.

CH: Lei dice che il meccanismo del capro espiatorio è soggetto a rimozione da parte di chi lo attua.

RG: Il capro espiatorio è esso stesso soppressione. Se tu prendi qualcuno come capro espiatorio, solo una terza persona può rendersene conto. Tu non puoi rendertene conto, perché credi di stare facendo la cosa giusta. Potrai credere di punire qualcuno che è veramente colpevole, o di lottare contro qualcuno che sta cercando di ucciderti. Noi non riusciamo mai a vederci come responsabili di un meccanismo di capro espiatorio.

Se guardate le religioni arcaiche, diventa chiaro che la religione è un modo di dominare, o almeno di tenere sotto controllo, la violenza. Credo che le religioni arcaiche siano basate su un omicidio collettivo, su un omicidio-linciaggio, che unisce la gente e salva la comunità. Questo processo è l'inizio di una religione: la salvezza a causa del capro espiatorio. Ecco perché la gente trasforma il loro capro espiatorio in un dio.

CH: Hai detto altrove: "Credo che in ultima analisi, la visione cristiana della violenza vincerà tutto, ma possiamo considerare questa come un grande test." Nutri davvero questo tipo di fiducia?

RG: Il cristianesimo sarà vittorioso, ma solo nella sconfitta. Il cristianesimo ha lo stesso schema delle religioni arcaiche, è un esempio di capro espiatorio, ma, e questa differenza è enorme, invece di incolpare la vittima e di unirsi a chi crea il capro espiatorio, si accorge che la vittima è innocente e cerca di interpretare questa situazione alla luce della vittima innocente, che è Cristo stesso. In un mondo che non è più organizzato secondo le linee rigide del capro espiatorio e dei sistemi penali che ripresentavano i sacrifici, la situazione è di sempre maggiore disordine. Sempre più libertà, ma sempre più disordine.

CH: Allora cosa ci puoi raccontare di questa "grande test"del cristianesimo?

RG: La storia, si potrebbe dire, è questo test, questa prova. Ma sappiamo bene che l'umanità non riesce a superare questa prova. In qualche modo, i Vangeli, le Scritture, prevedono il fallimento, dal momento che si concludono con temi escatologici, che predicono la fine del mondo.

CH: Hai detto che, per le società moderne, "la fiducia è nella violenza. Abbiamo messo la nostra fede nella violenza, che sarà la violenza a mantenere la pace." Una nazione come fa ad essere forte senza violenza?

RG: La verità comincia con il riconoscimento della nostra violenza, il che ci viene richiesto dal cristianesimo. Beh, l'alternativa è il regno di Dio, e il regno di Dio è, per definizione, non-violento. E il regno di Dio non si avvera mai sulla Terra, perché le persone non sono abbastanza cristiane, e questa è la stessa cosa che dicevamo prima: dobbiamo riconoscere i nostri propri capri espiatori , ma non siamo capaci di farlo.

CH: E' difficile immaginare di andare al tavolo dei negoziati in Medio Oriente, senza avere la prospettiva di una guerra come ultima risorsa.

RG: Sono d'accordo completamente. Ma questa è la stessa nostra situazione di stallo eterno. Dobbiamo vedere la storia come un lungo processo di educazione. Dio sta cercando di insegnare all'uomo di rinunciare alla violenza. Il regno di Dio è assolutamente senza violenza, e noi non ne siamo capaci. Ecco perché ci sono i testi apocalittici, alla fine dei Vangeli.

In questo momento, il mondo si sta muovendo sempre più verso vari tipi di catastrofi. E lo sa molto bene. Oggi siamo in una situazione in cui non riusciamo nemmeno a distinguere gli strumenti di guerra dagli strumenti di pace.

Quando si guarda ai testi apocalittici, essi sembrano assurdi e infantili, perché tendono spesso a mescolare cultura e natura. Questo fino a poco tempo sembrava assurdo, ma ora è ciò che veramente accade. Quando c'è l’uragano a New Orleans, ci chiediamo se non è colpa dell'uomo piuttosto che della natura. I non credenti pensano che i testi apocalittici del Cristianesimo siano antiscientifici, perché mescolano natura e cultura. Ma nel nostro mondo non si può negare che l'uomo può interferire con il funzionamento della natura. Il mondo non ha mai conosciuto una tale possibilità prima, ma ora sì, e credo che questa situazione sia specificamente cristiana. Quindi, lungi dal vedere un cristianesimo che è antiquato e ridicolo, vedo un cristianesimo che ha molto senso. Questo senso è troppo sorprendente per essere compreso da persone che si attengono al modo di pensare convenzionale.

CH: Lei ha detto: "Sempre più persone in Occidente stanno diventando consapevoli delle debolezze del nostro umanesimo, non abbiamo intenzione di diventare cristiani di nuovo, ma ci sarà più l'attenzione sul fatto che la lotta è davvero tra il cristianesimo e l'Islam, più che tra l'Islam e l'umanesimo ".

RG: Sì. Credo che sia così, perché il cristianesimo ha distrutto i culti sacrificali. Il cristianesimo rivela che il nostro mondo è fondato sulla violenza. La risorsa principale del governo e della civiltà, nel mondo arcaico, è il fenomeno del capro espiatorio. Il grande paradosso è che il fenomeno del capro espiatorio funziona soltanto finché rimane inosservato dalla gente che viene mantenuta unita per suo tramite. I Vangeli rendono visibile che Gesù è un capro espiatorio. Quando le persone dicono che non c'è differenza tra un mito e il cristianesimo, è quasi vero. In entrambi i casi, la storia culmina in un grande dramma: una vittima è uccisa collettivamente ed è divinizzata. Ma, in questi due casi, la vittima non è divinizzata per la stessa ragione. Gesù è divinizzato perché soffre la Passione, nonostante la sua innocenza, e rivela ai suoi assassini la loro stessa violenza. Nelle religioni arcaiche, la colpa degli assassini rimane invisibile, impercettibile. Il significato positivo del processo è l’effetto di riconciliazione prodotto dal capro espiatorio. Nel cristianesimo, viene rivelata tanto la violenza criminale degli assassini come l'innocenza della vittima.

Una religione arcaica non è altro che un fenomeno di capro espiatorio che riesce, per così dire, come è ingenuamente interpretato da coloro che si avvalgono del capro espiatorio. Nei Vangeli, questo fenomeno non riesce, e il capro espiatorio e il suo significato si svelano agli stessi utilizzatori del capro, cioè, all'umanità nel suo insieme. Il cristianesimo distrugge le religioni arcaiche, perché ci rivela il loro esser basate sulla violenza del capro espiatorio.

L'auto-denigrazione del mondo moderno, così come la sua superiorità intellettuale, è radicata in questa consapevolezza del capro espiatorio. Purtroppo, non siamo consapevoli del fatto che l'intero processo è radicato nel Cristianesimo, che molte persone rifiutano insieme con le religioni false basate sul capro espiatorio.

In un certo senso, il mondo occidentale si è seduto sui suoi privilegi, e non presta la minima attenzione all'Islam. L’Occidente si ritiene assolutamente certo di essere superiore in tutti i suoi aspetti, anche quelli meno cristiani, il che in un certo senso è vero, ma è dovuto a qualcosa che il cristianesimo non si è meritato da solo.

CH: In che modo superiore?

RG: Tutti i suoi vantaggi spirituali derivano dal fatto di conoscere la verità. Conosce la peccaminosità dell'uomo, il fatto che l'uomo è un assassino, un assassino di Dio. In Oriente, il loro disprezzo per il Cristianesimo è dovuto al fatto che si sentono assolutamente scandalizzati dalla Crocifissione. Che tipo di Dio è che si lascerà perseguitare e uccidere dagli uomini? In un certo senso, è bello da vedere questo shock. In un certo senso credo che Dio stia dicendo "ho permesso questi capri espiatori. Ma a te, io insegno la verità. Quindi, siate all’altezza della verità, e diventate perfetti, e questo è il regno di Dio ". Noi siamo gli eletti, nel senso ebraico del termine.

CH: E tu hai detto il cristianesimo aveva questi vantaggi, ma non se li era meritati?

RG: Non li ha meritati, e non si è comportato come avrebbe dovuto. I cristiani sono infedeli al cristianesimo.

CH: Lei ha detto che questa apocalisse non è necessariamente un botto, o anche un lamento, ma una lunga stasi.

RG: Nel Vangelo di Matteo, dice: "Se quei giorni non fossero abbreviati, nessuna carne si salverebbe", perché è un tratto di lunghezza infinita.

CH: Così questo è il periodo in cui ci troviamo?

RG: Penso che potrebbe esserlo. Siamo orgogliosi dei risultati che noi chiamiamo moderni, e vi sono indicazioni scritturali che coincidono con i tempi pericolosi in cui viviamo.

Alcuni dei fondamentalisti cristiani pensano che i temi escatologici mostrano che Dio è arrabbiato con l'uomo e sta per mettere fine al mondo. Ma i testi escatologici diventano più significativi se si comprende la situazione come l’ho appena definita. Se l'uomo non diventa più umile, la sua violenza aumenterà in modo illimitato. Questa violenza non aumenta solo attraverso la lotta fisica e le guerre, ma attraverso l'incremento e la moltiplicazione delle armi, che ora minacciano la sopravvivenza stessa del mondo. La nostra violenza non è creata da Dio ma dall'uomo, in un mondo che è praticamente sempre più dimentico di Dio, se si guarda al modo le nazioni si comportano tra loro e il modo in cui gli individui si comportano tra loro.

Prima dell'invenzione delle armi apocalittiche, non eravamo in grado di renderci conto come erano diventati realistici i testi apocalittici. Oggi lo possiamo constatare, e dovremmo essere estremamente impressionati da questo realismo. Ora resta solo una cosa per l'uomo, se vuole sopravvivere: la riconciliazione universale.

CH: Chi è l'anticristo nella tua interpretazione?

RG: Bene, non lo sappiamo, ma ci sono molti candidati plausibili. Evidentemente c'è qualcosa di molto insidioso riguardo all'anticristo, che è un seduttore. Per cui non deve essere una persona come Stalin o Hitler, visto che hanno fallito miseramente. E l'anticristo non sembra funzionare con la forza. Ma credo che si possa intravvedere che è un certo tipo di spirito moderno: lo spirito del potere, l'idea che l'uomo è diventato completamente padrone di se stesso, e che non deve inchinarsi davanti a poteri più grandi di lui, e che alla fine sarà l’uomo a trionfare.

CH: Quindi questa crisi che stiamo attraversando, come finirà?

RG: Stiamo vivendo un lento aumento dei sintomi di destabilizzazione che caratterizzano il mondo moderno.

CH: E poi cosa succederà?

RG: Non lo so. Si possono prendere in esame due concezioni di tempo: l'eterno ritorno, che credo sia l'omicidio fondativo di un capro espiatorio, e quindi una nuova religione. Il fenomeno del capro espiatorio è un meccanismo talmente potente, che una comunità può organizzarsi intorno ad esso.

E poi abbiamo il concetto di tempo continuo, che porta fino alla distruzione del mondo, alla Seconda Venuta. Ovviamente, questo preclude il rinnovamento, che consisterebbe nell'uccisione sacrificale di un capro espiatorio. Con la Bibbia non c'è rinnovamento, nessuna nuova religione.

CH: Nietzsche fa notare che sono passati quasi duemila anni senza un nuovo dio.

RG: Nietzsche ha alcuni testi che sono molto interessanti, perché lui vorrebbe l'eterno ritorno, quindi non è davvero apocalittico, perché non è realmente in attesa del regno di Dio. Vorrebbe tornare indietro, e spera che ci sarà una fine del cristianesimo.

CH: Si ricorda che odiava i vangeli, che non li prendeva in considerazione da un punto di vista teorico o storico.

RG: No. Li vedeva come la cosa peggiore per il mondo, perché li vedeva come un motivo di decadenza, di persone che diventano incapaci di energia e di movimento nella storia, in modo che le civiltà non si rinnovano e muoiono. Nietsche era un pre-nazista. Era un nostalgico della religione arcaica.

CH: Aveva dei motivi validi? C'è stata effettivamente una decadenza?

RG: Qualche motivo valido l’aveva. Perché questo lungo, interminabile periodo di apocalisse è un po’ logorante. E probabilmente è estremamente poco creativo. Oggi ti sembra che le arti siano creative come lo erano nel passato?

Il regno di Dio non si realizzerà su questa terra, ma vi è una fonte d'ispirazione del regno di Dio nel nostro mondo, che è parziale e limitato. E c'è una decadenza non-cristiana, anticristiana, sotto tanti aspetti. Dobbiamo ancora passare per lo “abominio della desolazione" di cui parla il profeta, senza dubbio.

CH: Tenuto conto di questa apocalisse a lungo termine che stiamo attraversando, che cosa facciamo?

RG: niente di spettacolare.

CH: Dobbiamo solo aspettare?

RG: Dobbiamo solo aspettare. Ma dobbiamo cercare di non cedere alla decadenza spirituale del nostro tempo e di elevarci rispetto al mondo che ci circonda.

CH: E questa citazione: "Se quei giorni non fossero abbreviati, nessuna carne si salverebbe; ma per amore degli eletti quei giorni saranno abbreviati"?

RG: Questo significa che alla fine i tempi saranno molto lunghi e monotoni - così mediocri e tranquilli dal punto di vista religioso e spirituale che il pericolo di morte spirituale, anche per i migliori di noi, sarà molto grande. Questa è una lezione dura ma in ultima analisi, di speranza e non disperazione.

Ringraziamenti a First things – On the square – pubblicato il 16 luglio 2009

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