11 settembre 2010

Il cristiano doni di persona


Non dare a quelli che reggono le Chiese la tua elemosina affinché siano essi a distribuirla; fallo tu stesso, non solo per ricevere la ricompensa di quanto hai speso, ma anche per il servizio prestato. 

Elargisci con le tue stesse mani; semina tu stesso nel solco. In questo caso non c’è bisogno né di adoperare l’aratro, …  né di attendere il tempo propizio per la semina, né di solcare il terreno, né di combattere contro i rigori del freddo:  Tu, infatti, stai seminando nel cielo, dove non c’è né il freddo, né l’inverno, e nessun’altra cosa del genere. 

Tu stai gettando la semente nelle anime, dove nessuno può portare via ciò che viene seminato; al contrario la semente attecchisce molto saldamente in virtù della grande cura e diligenza. Ora, se sei tu a seminare, perché vuoi privarti della ricompensa?...
Questa, dunque, è l’autentica ospitalità: compiere di persona tutto ciò che occorre fare, se vogliamo
santificarci e far sì che le nostre mani siano benedette. Pertanto, anche se doni ai poveri, non vergognarti di
farlo di persona: tu non stai dando a un povero qualsiasi, ma a Cristo. Ora, chi è così miserevole che
non si degni egli stesso di tendere la mano a Cristo? ...

Dio –  dice l’Apostolo –  ama chi dona con gioia. Perciò, sei tu a ringraziare l’ospite per l’accoglienza
che gli hai riservato. Infatti, se non vi fossero i poveri, difficilmente tu potresti sopportare il fardello dei tuoi
peccati: essi sono i medici che curano le tue ferite; essi sono i rimedi medicamentosi per le tue mani.

Anche visitare i poveri è un’opera altamente meritevole. La Scrittura dice:  È meglio andare in una casa in pianto che andare in una casa in festa. 
Ora, è in questa casa  in festa che il cuore si gonfia: se tu hai la possibilità di vivere tra i piaceri, ne trai un ulteriore incitamento; viceversa, sei preso dallo scoraggiamento.
Al contrario,  nella casa in pianto non si prova nulla del genere: se le ricchezze mancano, tu non ne soffri; se invece vi sono, sei costretto  a reprimerti nel desiderarle [a causa del lutto].

Commento alla prima lettera di Timoteo, omelia XIV, di San Giovanni Crisostomo, Dottore della Chiesa, secolo IV d.c.